Una tecnica e un’arte nate nel Novecento
A partire dal momento in cui l’uomo cominciò ad acquisire abilità manuali, sentì il desiderio di riprodurre la realtà che lo circondava in forme visive, che ne dessero la descrizione più oggettiva possibile. Da qui nacquero i primi graffiti, disegni, pitture e sculture. Nacque, in altre parole, l’arte. Ma questa era sostanzialmente statica, non riusciva a riprodurre il movimento delle cose reali, di uomini, animali, vegetali.
E così fu per migliaia di anni, sino alla fine dell’Ottocento, quando con l’invenzione del cinematografo, nato dalla precedente fotografia, non soltanto divenne possibile riprodurre esattamente, o quasi, la realtà, ma anche mostrarla in movimento. Dopo millenni, finalmente il sogno dell’uomo si era avverato!
Il cinematografo come sviluppo della fotografia
Il termine cinematografo deriva dal greco (kìnema “movimento” e gràfo “descrivere”) e significa “descrizione in movimento”. Fu impiegato dai francesi Louis e Auguste Lumière nel 1895 per la loro invenzione, il cinématographe, in seguito abbreviato in cinéma, “cinema”. Insieme al kinetografo e al kinetoscopio inventati dall’americano Thomas A. Edison, costituiva il punto d’arrivo di una serie di ricerche tecniche svoltesi nel corso del 19° secolo, cui contribuirono in particolare il francese Étienne-Jules Marey e lo statunitense Eadweard Muybridge.
Si trattava, in breve, di realizzare un apparecchio che riuscisse a effettuare a grande velocità un certo numero di fotografie, non già su una lastra ‒ come avveniva per le prime fotografie ‒ ma su una pellicola trasparente, abbastanza lunga da contenerne alcune centinaia. Lumière ed Edison, separatamente, costruirono i loro apparecchi che, alla velocità di 16 fotogrammi al secondo, riprendevano la realtà in movimento e la restituivano quando la pellicola impressionata era proiettata (nel caso del cinématographe) o vista individualmente attraverso un visore particolare (con il kinetoscopio). Per un breve film di uno o due minuti ‒ tanto duravano i primi film di Lumière e di Edison ‒ occorrevano dalle 900 alle 2.000 pose fotografiche e una pellicola lunga dai 27 ai 54 metri.
Questi primi brevi spettacoli cinematografici ‒ che i Lumière inaugurarono il 28 dicembre 1895 a Parigi, invitando un nutrito e selezionato gruppo di spettatori ‒ si componevano di una decina di film per lo più documentari: La sortie des usines Lumière (“L’uscita degli operai dalle Officine Lumière”), Arrivée d’un train en gare de La Ciotat (“L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat”), Pêche aux poissons rouges (“La pesca ai pesci rossi”), La Rue de la République à Lyon (“Via della Repubblica a Lione”) e altri ancora, sino a quello che è considerato il primo ‘film comico’ della storia del cinema: L’arroseur arrosé (“L’annaffiatore annaffiato”).
Un immediato successo
Il successo di pubblico fu immediato e il cinematografo si diffuse ben presto nelle altre città francesi e negli altri paesi europei. Nel corso del 1896 e negli anni seguenti non ci fu grande città al mondo che non avesse la sua sala cinematografica. Alla fine del 19° e nei primi anni del 20° secolo, mentre in provincia, nei paesi e nei villaggi il cinema arrivava in occasione delle feste popolari ‒ e di volta in volta si doveva montare lo schermo e approntare una sala temporanea ‒, nelle città esistevano ormai molte sale dedicate al cinema nelle quali regolarmente si proiettavano i film secondo un programma che variava di settimana in settimana. Insomma, nel volgere di un decennio o poco più, il cinematografo era diventato uno spettacolo abituale, seguito da milioni di spettatori sparsi quasi in ogni angolo del mondo, e i film, ancora brevi o brevissimi, attiravano per il loro realismo, per quella illusione di realtà che le immagini semoventi erano in grado di offrire a un pubblico curioso e meravigliato.
Dalla fotografia statica d’inizio Ottocento a quella dinamica d’inizio Novecento il cammino era stato lungo, ma i risultati raggiunti erano a dir poco straordinari. Da qui sono derivati non soltanto il successo dei primi film, ma anche la diffusione capillare che il cinema avrebbe avuto, diventando di fatto lo spettacolo popolare per definizione. Ruolo che però gli è stato ‘rubato’ dalla televisione, che comunque dedica uno spazio non trascurabile alla messa in onda quotidiana di molti film sul teleschermo.
Lo spettacolo popolare più diffuso
La diffusione del cinema come genere di spettacolo e dei cinema come sale per la proiezione pubblica dei film ‒ e in questo caso il termine cinema ha un doppio significato ‒ fu il segnale che l’invenzione dei Lumière aveva risposto alle attese dell’intera umanità che, come si è detto, sognava uno strumento in grado di riprodurre la realtà in movimento. E questo anche contro l’opinione degli stessi fratelli Lumière, i quali inizialmente non pensavano affatto che il cinema sarebbe diventato ciò che invece diventò!
Ben presto, però, ci si avvide che tutto questo non bastava più. Non era infatti possibile ripetere all’infinito, senza stancare il pubblico, l’arrivo di un treno o l’uscita degli operai da una fabbrica, e nemmeno le visioni dinamiche di città note e meno note, di paesaggi lontani, di genti e usanze sconosciute e così via. Il catalogo dei Lumière, composto di centinaia e centinaia di film documentari, rischiava di esaurirsi nella continua ripetitività dei soggetti.
Occorreva qualcosa di nuovo e di più stimolante. Bisognava passare dalla riproduzione passiva della realtà in movimento all’invenzione narrativa, drammatica, fantastica. Occorreva, insomma, fare del cinema un nuovo ‘teatro’, cioè uno spettacolo a tutti gli effetti, con attori, scenografie, ambienti, storie da raccontare. E il cinema divenne il ‘teatro dei poveri’, perché costava poco, ci si andava a qualsiasi ora del pomeriggio e della sera, da soli o accompagnati, senza particolare sfarzo o eleganza nel vestire. Uno spettacolo che faceva a meno del palcoscenico e degli attori in carne e ossa e si accontentava di uno schermo, vale a dire di un lenzuolo appeso in fondo alla sala. Su tale schermo tuttavia scorrevano le immagini degli attori sullo sfondo di scenografie, altrettanto e magari ancora più suggestive di quelle teatrali. Mancava allora la voce, perché i film erano muti; divennero sonori dal 1927. Quindi gli attori non parlavano, ma a far comprendere lo svolgimento contribuivano cartelli scritti, le cosiddette didascalie; mentre in sala un pianista, in certi casi un’intera orchestra, accompagnava la proiezione fornendole il commento sonoro, in questo caso musicale.
Evoluzione dei film
Un fatto molto importante era che i film erano passati dal minuto, o dai pochi minuti, dei primi documentari, alla durata di mezz’ora, poi di un’ora, infine di un’ora e mezza e anche più. Erano nati, quindi, i lungometraggi che costituivano, da soli, uno spettacolo completo. A partire dagli anni Dieci del secolo scorso si cominciarono a produrre quasi esclusivamente lungometraggi, mentre la durata breve ‒ quella del cortometraggio ‒ venne destinata solo ai documentari d’attualità o alle comiche che, secondo una prassi allora molto diffusa, completavano il programma concludendolo in bellezza; di qui l’espressione ‘comica finale’.
È a partire da quel periodo che si può parlare del cinema come dello spettacolo popolare per eccellenza, essendo numerosissimi i film prodotti, così come gli spettatori. Questi ultimi a poco a poco disertarono il teatro per chiudersi nella buia sala di proiezione e godersi la bellezza di quelle immagini semoventi, ancora in bianco e nero ma molto affascinanti. Potevano ammirare non soltanto luoghi a volte esotici e personaggi avventurosi, ma anche i primi piani degli attori e delle attrici, i loro atteggiamenti e i movimenti ingranditi sullo schermo, il loro volto e la loro recitazione amplificata secondo il gusto del tempo e per la necessità di sopperire con il gesto all’assenza della parola. Un modo di recitare che oggi può apparire forzato e persino ridicolo, ma che riacquista il fascino di allora se ricondotto a quel tempo e inquadrato in un contesto storico e culturale determinato.
Il metodo Lumière e il metodo Méliès
Il cinema documentario andò quindi progressivamente esaurendosi a favore di quello spettacolare. Già alla fine del 19° secolo, infatti, quando i Lumière giravano i loro brevi film, un uomo di teatro, il francese Georges Méliès, illusionista e prestigiatore, aveva intuito le possibilità fantastiche del nuovo apparecchio. Egli se ne costruì uno proprio e cominciò a realizzare film a soggetto, con scenografie, trucchi ottici, effetti speciali, portando sullo schermo, con una tecnica più sofisticata, i suoi spettacoli teatrali e i suoi giochi di prestigio. E mettendovi non poco del suo gusto paradossale, del suo umorismo grottesco. Basti citare, per tutti, i suoi film ispirati a Jules Verne, Il viaggio nella Luna (1902) e À la conquête du Pôle (“Alla conquista del Polo”, 1912), due pietre miliari del cinema fantastico e avveniristico.
Méliès non riuscì a proseguire sulla strada intrapresa per varie ragioni tecniche e commerciali: infatti egli era solo un artigiano del cinema che faceva quasi tutto da solo, in un periodo in cui il cinema stava diventando un’industria. Tuttavia la sua lezione non venne dimenticata. Tutto il cinema spettacolare, magari indirettamente e inconsapevolmente, deriva dalla sua opera pionieristica. Si pensi non soltanto ai film avventurosi, fantascientifici, con effetti speciali, ma anche agli altri film, che si basano essenzialmente sugli attori, sulle scenografie, sugli sviluppi narrativi e drammatici delle storie. E furono questi film ad avere la meglio sui documentari, anche se il cinema documentaristico ebbe un suo sviluppo e una sua storia che durano sino a oggi, con risultati artistici, informativi o educativi di grande valore.
Lo sviluppo industriale del cinema e il divismo
Nel campo del cinema spettacolare, superata quella che possiamo chiamare la ‘fase Méliès’, si verificò uno sviluppo industriale notevolissimo. Quella cinematografica divenne ben presto una delle industrie più fiorenti e redditizie. Prima in Francia, poi in Italia e nel resto d’Europa, infine negli Stati Uniti con la fondazione di Hollywood, il quartiere degli studi cinematografici alla periferia di Los Angeles, dove il tempo è sempre bello e i film si possono girare alla luce del sole, senza l’impiego costoso e non sempre agevole della luce artificiale.
Registi, soggettisti, operatori e tecnici vari, attori e comparse diedero vita a centinaia e centinaia di film all’anno, realizzati attingendo il più delle volte alla letteratura e al teatro di ogni epoca e paese, condensando e illustrando romanzi e commedie, poemi e tragedie. Ma non vennero risparmiate la storia e l’epica, i personaggi reali e quelli immaginari, impersonati da attori e attrici che seducevano ed entusiasmavano il pubblico. Nacque così il divismo, ossia il fenomeno per il quale certi attori molto popolari iniziarono a suscitare nel pubblico un’infatuazione tanto forte da arrivare al fanatismo, a un vero e proprio culto dei divi. Questo avvenne anche grazie alla suggestione dei personaggi interpretati, al tipo di recitazione in cui veniva messo in risalto il corpo e il volto dell’attore o dell’attrice, agli atteggiamenti eccentrici degli stessi attori nella vita privata.
I primi kolossal
Si cominciarono, inoltre, a realizzare film di grandi proporzioni, lunghi due o tre ore, spettacolarmente grandiosi, veri e propri kolossal, come vennero definiti in seguito. Film che il pubblico assaporava come qualcosa di straordinario e di impossibile da realizzare su qualsiasi palcoscenico teatrale. Basti ricordare l’italiano Cabiria, diretto e prodotto da Giovanni Pastrone nel 1914, un’opera che durava tre ore, alla quale avevano collaborato il poeta Gabriele D’Annunzio e il musicista Ildebrando Pizzetti. Un film sulla romanità, una storia avventurosa con personaggi storici e inventati, che ebbe un successo strepitoso e diede origine al cinema spettacolare americano, il cui primo grande regista fu David W. Griffith, l’autore di La nascita di una nazione (1915) e di Intolerance (1916). Da allora, e per tutti i decenni a venire, il cinema hollywoodiano, e di riflesso quello degli altri paesi, si sviluppò lungo la strada di una spettacolarità sempre più attraente, utilizzando tutti i mezzi tecnici e artistici di cui poteva disporre. Tanto che, per almeno quarant’anni, e poi di nuovo in tempi più recenti, la produzione di Hollywood è stata identificata con il cinema spettacolare per definizione.
Il cinema e la società
La diffusione del cinema in tutto il mondo ha dato origine a una serie di scuole nazionali e di cinematografie particolari, con specifici autori e produttori. Di tutti questi prodotti il pubblico mondiale ha fatto un uso vario e complesso. Nato come curiosità scientifica, divenuto ben presto spettacolo per tutti, divertimento e passatempo, il cinema ha acquisito poi diverse funzioni: politiche, culturali, sociali, artistiche. Le dittature, ma anche le democrazie, l’hanno spesso utilizzato per scopi di propaganda o di dibattito politico: come i film filonazisti di Leni Riefenstahl.
Gli spettatori hanno spesso apprezzato e condiviso la funzione culturale, informativa e documentaria del cinema, dentro e fuori la scuola o l’università: si pensi ai grandi documentari sulla natura prodotti da Walt Disney e da altri dopo di lui.
L’impatto sociale che il cinema ha avuto nella trasformazione del costume, della moda, dei gusti è sotto gli occhi di tutti: basti pensare al fenomeno, già citato, del divismo.
Il cinema, la cultura, l’arte
Non va trascurato, anzi merita di essere sottolineato l’aspetto artistico del cinema, cioè il posto che esso occupa nel panorama delle arti contemporanee: si pensi alle centinaia di film realizzati da registi-artisti che sono considerati a tutti gli effetti capolavori dell’arte contemporanea. Anzi, per certi aspetti, è proprio il cinema che ha assunto nel corso del Novecento una posizione dominante, superiore spesso a quella delle arti tradizionali, divenute con il tempo prodotti per una ristretta élite intellettuale. Da un lato ha tratto profitto dalla tradizione artistica precedente: arti figurative, letteratura, teatro, musica; dall’altro ne ha influenzato i successivi sviluppi, grazie ai movimenti cinematografici, alle nuove tendenze e correnti che hanno caratterizzato determinati periodi, mettendo in crisi e modificando radicalmente la struttura stessa dell’arte come oggi la si intende. Basterebbe citare le varie avanguardie degli anni Venti, come anche le arti visive degli ultimi decenni, dalla pop art americana in poi. Questo per dire che lo spettacolo cinematografico non si esaurisce soltanto in questo o quel film visto con gli amici, divertente, avventuroso, drammatico o comico.
è un fenomeno più complesso, da studiare con attenzione perché contiene gli stessi elementi costitutivi delle arti tradizionali, che richiedono, come si sa, un approccio meno semplicistico ed elementare. Con questo non si vuole costringere lo spettatore cinematografico a studiare, a doversi formarsi una preparazione critica approfondita per cogliere tutti gli aspetti di un film, al di là del piacere della visione. Tale piacere rimane certamente al centro dello spettacolo cinematografico, equivalente al piacere della lettura per un romanzo, o al piacere dell’ascolto per un brano musicale. Tuttavia ci può essere anche un tipo di ‘lettura’ più approfondita, come del resto avviene per la letteratura, la musica, le arti figurative.
I film mettono in moto l’intelligenza
Un film è, o può essere, una forma d’espressione completa dalla quale si ricavano emozioni, sensazioni, piaceri intellettuali, intense esperienze di vita. Tutto ciò non contrasta con la sua natura di puro divertimento, ma l’arricchisce, facendone qualcosa d’altro, di più intimo e personale. Naturalmente si parla dei film, di ieri e di oggi, che ci danno una nuova visione del mondo, che mettono in moto la nostra intelligenza e la nostra sensibilità. Non sono certamente tanti, spesso si perdono nella massa indistinta dei moltissimi film ‘normali’, a volte mediocri, altre volte addirittura scadenti. Ma quei pochi film ci mostrano che il cinema, quando lo si usa come si deve, è uno dei pilastri della nostra cultura. Quale sarebbe la civiltà del Novecento senza il cinematografo? Come vedremmo la realtà che ci circonda senza avere mai avuto un’esperienza di spettatori cinematografici? La televisione non potrebbe esistere senza l’invenzione del cinema, di cui è figlia. Anzi, oggi, è proprio la televisione che ci propone e ripropone quotidianamente i film del passato: repertorio insostituibile della nostra cultura e della nostra memoria collettiva.
Fonte: www.treccani.it